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Abroad: rock dal mondo

Al posto giusto. Intervista ai "The Right Place"

Un piccolo trip nella metro inglese. The Right Place: un’altra buona band emergente campana. Intervista di Luisa Ferrara

Jube, Mickey, Peppe e Marco, sono quattro ragazzi napoletani (o giù di lì) cresciuti con le sonorità british degli anni ’90. Insieme nel 2009 hanno messo su un progetto musicale “The right place” e hanno passato il 2010 a girare per locali e a fare live per farsi conoscere.

A gennaio è uscito il loro primo lavoro “Hiding in Plain Sight”, un EP totalmente autoprodotto, mixato da Giovanni Vicinanza presso il LavaLab Recording Studio, e masterizzato da Jason Howes nei Premises Studios di Londra. Ne parliamo con il frontman, Eugenio Mazzetti, detto Jube.  “Mind the gap” è il titolo del primo pezzo (strumentale) dell’album.

“Il posto giusto” è, per caso, Londra?

Londra è per noi uno dei "posti giusti" (musicalmente, ma non solo), così come Manchester, Liverpool, Glasgow e in modo più marginale New York.  L'inizio di Mind The Gap ha lo scopo di accogliere l'ascoltatore nel "nostro" posto giusto e dargli un assaggio introduttivo del disco: per chi - come noi - è cresciuto con la musica inglese degli anni '90 dovrebbe essere un po’ come un ritorno a casa ...

Ok, capisco l’innamoramento per l’Inghilterra, ma… non mi dite che pensate di essere nati nel posto sbagliato! Forse, come allude anche un po’ il titolo del vostro album, ciò che cerchiamo lo abbiamo proprio sotto gli occhi… nel posto più vicino a noi, ma magari non riusciamo a vederlo. Sbaglio?

Nonostante tutti i problemi che possono esserci a Napoli non posso non amare la mia città ma, anche se non sono il tipo a cui piace lamentarsi, bisogna ammettere che non è il posto ideale per fare musica in lingua inglese. Ai piani alti si fanno i conti con la grande tradizione della musica napoletana famosa nel mondo e patrimonio dell’umanità, ai piani bassi si fanno i conti con una degradazione del gusto musicale già in atto in tutta Italia aggravata nella nostra regione da una arretratezza a livello socioculturale. Ciononostante il profumo dell’arte si respira in ogni dove della mia città e spesso sovrasta gli sgradevoli olezzi urbani e ciò viene testimoniato dalla numerosa presenza di gruppi emergenti, molti dei quali altrove sarebbero già affermati.

Degradazione del gusto musicale” e “sgradevoli oleazzi urbani”… sarà che sto ascoltando la vostra ballata “The cure”, ma mi sorge spontanea una domanda: c’è una cura?

L'ottimismo è il sale della vita, ma quando è questa la tua quotidianità pensi che la salute delle balene e il mercato equo e solidale non fanno parte delle tue priorità. Le nostre canzoni parlano sia di cose semplici e ironiche di tutti i giorni sia del malessere interno ed esterno che vive un ipotetico nostro coetaneo. La cura che proponiamo è autoreferenziale, è la musica, quella che facciamo e quella che ci piace: non risolverà i problemi (e cosa lo fa?) ma ha un ottimo effetto placebo.

Viviamo tutti un po’ una sorta di rapporto amore/odio con la nostra patria, i luoghi in cui siamo nati e vissuti, come fosse un amore adolescenziale da cui non riusciamo a staccarci, ma di cui conosciamo i danni che ci crea. Il tutto si somma alla voglia di evadere e sognare, sbaglio? Credo che la questione sia generazionale: non abbiamo i grandi conflitti culturali e la controcultura hippie dei nostri nonni e non abbiamo le prospettive economico/lavorative yuppies dei nostri genitori. Questo si è andato verificando anche nell'ambiente musicale: le ultime icone contemporanee internazionali hanno una certa età. La sensazione di vuoto è palese e nella nostra patria c'è la contraddizione della grande storia delle nostre strade e la pochezza di chi le gestisce. In mezzo ci siamo noi, la gente.

Molto interessante la tua ultima riflessione. Ma ascolta… se potesse, vorreste vivere in Inghilterra, lavorare lì, trovare l’amore lì?

Parlando per me posso dire che mi piacerebbe farlo come esperienza circoscritta per poi tornare in patria con un bagaglio tale da permettermi di cambiare qualcosa. Odio chi si lamenta e vede nello "scappare" l'unica soluzione. Non so dove sarà il mio lavoro, ma il mio amore, anzi i miei amori sono qui e non posso portarmeli tutti dietro.

Quali sono i gruppi, le strade e gli eventi che hanno segnato la vostra musica?

Bella domanda… Le band rock/pop "generazionali" quali Beatles, Oasis, Who ecc… credo abbiano il grande merito di avvicinare il grande numero dei musicisti a questa passione, poi si inizia a scoprire altro fra gruppi alternativi e underground che ti danno quella sensazione di "tangibilità" e ti fanno venire voglia di provare, di metterti alla prova. Mi ricordo che quando uscì il video di “D'You Know What I Mean?” degli Oasis decisi che avrei preso in mano una chitarra, e soltanto dopo essere stato allo Sziget qualche anno fa ho iniziato a capire cosa può succedere intorno ad un evento musicale.

Se poteste essere qualcuna delle band che hanno cambiato la storia della musica, quale vorreste essere?

Non saprei chi scegliere, ce n'è una per ogni motivo. Gli Oasis per l'atteggiamento, i Beatles per le canzoni, gli Stones per la longevità, i Radiohead per l'intelligenza, i Led Zeppelin per la grandezza dei loro live e gli Who per la capacità di scrivere delle Rock Opera incredibili.

Se poteste tornare indietro, agli anni 70-80-90, a quali grandi eventi live avreste voluto partecipare?

Ovviamente Woodstock è ormai il capostipite di un determinato genere di festival ed è così radicato nell'immaginario collettivo che desta sempre una certa curiosità, ma il vero evento a cui avrei voluto partecipare è avvenuto nel 1990 ed è stato il concerto degli Stone Roses a Spike Island: il primo vero e massiccio live indie della storia.

Wow, abbiamo fatto un bel viaggio, ma ora torniamo un po’ al disco. Facciamo un giochino: d’accordo con Mickey, Peppe e Marco, dimmi 4 aggettivi che definiscano il vostro album.

Diretto, ammiccante, sofferto, compatto.

Prossimi live? Dove vi vedremo questa primavera?

Venerdì 15 aprile saremo nella nostra veste acustica al COC 88, Vomero (Napoli) Torneremo nella nostra veste elettrica sabato 30 aprile al Golden Age (Ercolano) per “God Save The Rock”. Per i più curiosi su www.myspace.com/therightplace e www.facebook.com/therightplaceband ci sono tutte le nostre date e tanto altro ancora…

Luisa Ferrara

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