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Abroad: rock dal mondo
Bulli e pupe. Esce "Bullet" dei Katap
Per puro caso oggi ho ascoltato, in sequenza, l'ultimo dei Justice (Audio, Video, Disco) e quello dei Katap (Bullet). I primi li conoscete, sono francesi, quasi eredi dei Daft Punk e fottutamente cool , con la loro miscela di french touch, chitarroni e dress-code tamarro. I secondi invece sono napoletani, ed il 14 novembre pubblicano il loro terzo album Bullett (autoprodotto insieme a Nut Lubel e distribuito da Audioglobe).
Progetto artistico nato da Fabio Di Miero (vocals, synth, computer), con Vinci Acunto (synth, computer, piano) e le chitarre elettriche di Massimo Cordovani, si definisce autore di -musica elettronica pervasa da suggestioni punk e rock'n'roll- e in effetti lo è. Il nome, ispirato dal cut-up, geniale ispirazione/dono di William Burroughs (apparente assemblaggio di parole e suoni, liberamente interpretabile da ognuno) rievoca sensazioni frenetiche (l'opening Dream, con i suoi chitarroni) . Bullet è un proiettile lanciato ad una velocità supersonica che si concede al pop (Spotlife) e al dancefloor.
Ai Katap piace sperimentare, dopo l'ottimo feedback ricevuto nel 2005 con il vinile 12'' My Trip (etichetta Bustin'Loose, quella dei Planet Funk), ed il secondo disco Antiform del 2007. Sublime ripercorre lo stesso stilema di Spotlife, ossessività e melodia catchy, la sperimentazione finalmente arriva con Berlin, la città dei Kraftwerk e dei nuovi/vecchi orizzonti sonori della techno. Invasiva, con un synth che, giuri, non vorresti farlo smettere.
I want another girl invoca corpi veri, perchè la bambola gonfiabile della copertina non basta più, Skinless invece è un mantra ossessivo, adattabile ad una pantera come Grace Jones. L'album è all'apice, il proiettile è al massimo della velocità, continua a viaggiare e non tocca terra, fino a Feel Next To, in cui "I am alone again" è un mood che fa sentire vivi. Magari ballandola nel sottoscala di un buco del centro storico, annebbiati dall'atmosfera nebulosa del locale.
Potrebbe essere quasi l'alba quando riecheggia la piano version di "Notorius Heart" (già piccola hit nel 2007 scelta dal MEI come uno dei brani più rappresentativi della nuova scena musicale indipendente italiana), che ristabilisce le priorità, ed avvicina la band ai Planet Funk (quelli con Dan Black).
E meno male che a Napoli abbiamo i Katap, i New York New York e i Silicon Dust, altrimenti dovremmo ballare ancora al ritmo di finti dj da flyer. Ed il paragone con i Justice, forse azzardato, serve solo a sottolineare che, quando ci vogliamo mettere, non scherziamo.
Luigi Ferraro
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