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La meglio gioventù campana. Il disco degli Onirica

 

 

Recensione di "Com'è bella la mia gioventù" degli Onirica. Etichetta BulbArt, distribuzione Audioglobe

Maliconia, come una polaroid sbiadita.

Le sensazioni che provocano questo pugno di canzoni sono un po’ come quell’epico film di Marco Tullio Giordana, “La meglio gioventù”. Gli Onirica già con il titolo ci vanno vicino, “Com' è bella la mia gioventù” (BulbArt Works),  e per magia si è trasportati in un non-luogo del passato dove le piccole paure erano superate con un abbraccio paterno prima di andare a letto. La band vesuviana, a due anni dall’ep autoprodotto “ Io vengo dalla polvere da sparo”, si allontana dalle sonorità post-rock degli esordi per abbracciare un sound shoegaze/malinconico (Pupille), cantautoriale e di scuola nord-europea al tempo stesso.

Un po’ come i Perturbazione che decidono di guardarsi dentro, le storie raccontate da Nicola D’Auria (voce e chitarra), Simone Morabito (basso e cori), Antonio Sorrentino (chitarra e cori), Luigi Marrone (batteria). “Avevo 18 anni ed avevo sempre sonno, avrei potuto fare il pittore o lo scienziato, invece sono diventato il presidente di tutta questa gente” cantano nella breve ma incalzante “La preghiera del presidente”, mentre “Giulia GT” condivide lo scettro insieme a “Pupille” di miglior episodio dell’album. In Giulia GT la tematica è scottante: la morte di Pasolini vista da Pelosi, ragazzo di vita accusato dell’omicidio del poeta regista. “Il lavoro ti aveva ammazzato” cantano in “Canzone per papà”, non senza rabbia. “La guerra è finita da vent’anni” li avvicina, per sensibilità e tematiche, ai Baustelle (ma gli Onirica cantano meglio, lo posso scrivere qui) e per sound alle carezze dei Black Heart Procession.

Gli Onirica in poche parole, con quest’album hanno compiuto il grande salto: voce suadente, dolce rock da esportazione, notevole contrasto tra la dolcezza sonora del rock e l’ironia nera dei testi (ascoltateli con attenzione) , arrangiamenti senza una sbavatura (grazie anche alla produzione di Ciro Tuzzi degli Epo).  Plauso finale all’artwork dell’album, in particolare alla copertina: la 500 rossa con i due uomini seduti sul tettuccio ci rimanda direttamente al 1974, o giù di lì. “E si scappava e si scappava in Africa”

Uno dei migliori lavori di questo 2011, che ormai è già finito. Ma visto che l'album sarà distribuito fisicamente nel 2012, la consacrazione avverrà quest'anno.

per info www.vienimiacercare.it

Luigi Ferraro

 

Etichetta & Ufficio Stampa: BulbArtWorks

Produzione Artistica: Ciro Tuzzi

Arrangiamenti: Onirica & Ciro Tuzzi

Produzione Esecutiva: Onirica, BulbArtWorks & Ennio Mirra

Ingegnere del Suono: Ennio Mirra

Fonico di studio: Raffaele Ferrante

Grafiche: Nicola Mottola Jacobsen

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