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Abroad: rock dal mondo
Dub casertano. Con "Goodbye Riot"tornano i Dub All Sense
di Giuseppe Piscino
E’ tempo che neve e gelo salutino anche queste terre. E’ tempo di sole, di temperature piacevoli e così, come auspicio, in giornate fredde, mi inoltro in territori dub con il basso ed il synth di Luigi "Dubline" Telese e le percussioni e tastiere di Enzo "Jamon" Daddio.
Mi accingo ad ascoltare i Dub All sense con il loro secondo lavoro discografico (dopo Follow The Lion), “Goodbye riot”, dodici tracce lungo i sentieri del dub, musica poco presente sui media, generalisti e non…e, di contro, molto presente, in concerti, concertini, happening e location varie, dal locale di tendenza al centro sociale fetente e scalcagnato.
I nostri si avvalgono di una fitta schiera di vocalist, ospiti del disco. Dalla bella voce di Rebecca Basso in "Maya Song", la migliore canzone dell’album, a Mc Baco in "Guerra" e "Jump Up", passando per Sistah Kinky in "Flowers and Guns", Suzo Man in "Around the Sound", The Addubbagò in "Lose Truth". C’è da sottolineare come le voci femminili del disco, spicchino un po’ di più, rispetto agli altri vocalist. E così, alla Basso, si aggiunge la piacevole cantilena di Marina P in "Metropolis". Registrato a Santa Maria a Vico, non possiamo non accogliere ed incoraggiare i Dub All Sense nel proseguire nei loro intenti. Risulta, certo, molto difficile, farsi spazio in un mondo delle sette note, sempre più congestionato, intasato da un’offerta che supera di centinaia di volte, la domanda.
Certo, il dub, come tutti i derivati della musica reggae, può risultare noioso e ripetitivo dopo vari ascolti e c’è da rimarcare che, probabilmente, grazie anche alla varietà di vocalist presenti, si è ovviato a questa situazione. La musica odierna diventa sempre più contaminata e fossilizzarsi su una sola tematica può risultare ostico per la riuscita di un qualsiasi progetto.
I Dub All Sense salutano gli ascoltatori con la coinvolgente Pressure, arrangiata da Idren Lion Warrior, deus ex machina dei SativaDubStation. Un buon outcipit per un disco onesto, suonato bene, cantato, per lo più, molto bene e curato nei minimi dettagli e non poteva essere altrimenti, grazie alla produzione del grande Neil Perch, burattinaio degli storici Zion Train. Termina l’ultima canzone e rimandiamo alle pagine web dell’associazione Ritmi Africani. Una onlus di Torino che si sporca le mani aiutando chi sta peggio di noi. Il disco è dedicato al loro lavoro.
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