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Abroad: rock dal mondo

Fanculizzare è d'obbligo. Il report degli Zen Circus al Duel Beat

Radio Entropia + Freak Out + Art Beat. Risultato della sinergia: un grande live al Duel Beat, con gli Zen Circus in gran forma. Leggi il report di Luisa Ferrara, foto di Francesco Cirillo e Simona Conzales.

Incontro ravvicinato con un circo zen.

Appino, Ufo e Karim: tre nomi, un progetto. Il Duel Beat di Napoli, venerdì sera, è stato irradiato dall’espressività di questi tre ragazzi (o poco più). Per chi aveva voglia di rock, per chi aveva voglia di musica italiana, per chi aveva voglia di saltare, sono stati davvero un bel vedere.
Venature punk, energia da vendere, uno scherzare col pubblico che ha creato una bella sintonia, anche per chi non li aveva mai visti live o conosceva pochi brani.

Pezzi storici come “Vent’anni” o “Figlio di puttana” acclamatissimi dai fan, così come “Vana gloria” e il brano in inglese “Punk Lullaby”.

Non meno entusiasmo però si è respirato per i brani tratti dall’ultimo album “Andate tutti affanculo”: dall’omonimo pezzo incazzato alla malinconica chiusura con “Canzone di Natale”, passando per “L’egoista” e “Gente di merda”.
Un circo: i musicisti recitano, il cantante si stende a terra sul palco e continua a schitarrare, sono proprio loro i primi a divertirsi. Sono emozionati, sorridono, parlano con noi lì davanti e si lanciano sguardi tra loro quando qualche ragazza dal pubblico urla i loro nomi.

Un album forte, un live vivo: fanculizzare è d’obbligo: è sfogo, rassegnazione, sdegno. Un gruppo fortemente legato all’Italia e alla sua realtà, critico, duro, ironico, a tratti cinico. A quel paese l’ipocrisia delle feste comandate, della Chiesa, dell’Italiano medio (ed egoista).

Un cantare graffiante, che marca le sue radici nel più riflessivo e interessante cantautorato italiano (Piero Ciampi, ma anche Rino Gaetano e De Andrè). Testi arrabbiati o rassegnati, ma sempre pieni di verve, mai decadenti, mai tristi.

Un trio che sta stupendo il palcoscenico dell’indie italiano, che passa dalla copertina de “Il mucchio” a “Piazza Delight”, cantando un malessere tutto italiano di quei “pochi lampi di genio nazionalpopolare” così familiare, così vero.

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