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Abroad: rock dal mondo

Non male per due vecchi punk. Live report dei Buzzcocks

di Domenico Vastante

A distanza di quasi due anni dall’ ultima apparizione (il 3 luglio 2009 all’ Arenile Reload a Bagnoli) tornano a Napoli i Buzzcocks, celebre band inglese della prima ondata punk. Arrivati con diverso ritardo al locale per via di problemi tecnici: il buon Maurizio Affuso, frontman degli RFC, li è andati a prendere con il furgone alla stazione, poiché da Roma sono scesi con il treno. L’ attesa nel pubblico è tanta, ma i 15 euro dell’ ingresso hanno frenato numerosi estimatori. Pian piano sale l’ adrenalina, ma passa il tempo e i due ragazzi del sound check continuano a ricercare con strumenti affittati per l' occasione il particolare sound british. Verso le 00.45 arrivano le pizze per la band, e nella sala si sente un urlo di disapprovazione. Convinti che bisogna ancora attendere e con tutti gli sguardi catapultati sull’ odore meraviglioso di quattro margherite, i fans si accalcano sotto al palco, ma ecco che a sorpresa i nostri quattro eroi salgono sul palco.



Buzzcocks  al Duel Beat :: Fotogallery del concerto Buzzcocks  al Duel Beat :: Fotogallery del concerto Buzzcocks  al Duel Beat :: Fotogallery del concerto Buzzcocks  al Duel Beat :: Fotogallery del concerto Buzzcocks  al Duel Beat :: Fotogallery del concerto

Non potevano che iniziare con pezzi del loro repertorio classico. Fortunatamente hanno suonato solo hits dei primi tre album, quelli pubblicati prima dello scioglimento del 1981. Gli album usciti nelle varie reunion sono completamente diversi e non vale la pena mischiarli con le pietre miliari del punk 77.  Come per magia il vecchio Pete Shelley torna con la stessa camicia( verde con le scritte BUZZCOCKS-WHAT DO I GET?) con cui si presentò anche due anni fa, e mi chiedo :”da quanto tempo non si lava?”. La sua voce evoca ottimi ricordi, momenti di pura follia che ora molti cercano di riecheggiare ( ma non ci riescono!). E’ come se la voce di un tempo gli sia rimasta,nonostante siano passato più di trent’ anni da quell’ ondata che ha segnato molti.  Addio chiodo e toppe, ora sono diventati più british, vedi la camicia del bassista Tony Barber. I quattro luridi di Manchester spaziano da “Another Music in a Different Kitchen” a “Love Bites” continuando in “A Different Kind of Tension”. Da subito partono con il turbo con “Boredom”, “Fast Cars” e “I Don’t Mind”. Accendono la miccia ed il pogo incalza. “Autonomy” e “Get On Your Own”scaldano ancora di più, poi decidono di calmarsi effettuando “Pulsebeat”, “Nothing Left” e “Love is Lies”, ma prima di finire ripartono a manetta con “Promises”, “What do i get?” ed il riferimento immancabile al mitico Burroughs in “I Believe”. Steve Diggle si dimena sul palco, cercando nel pubblico lo sguardo focoso di qualche attraente fan, ma la sua escursione non da frutti. Dopo il break tornano, promettendo solo quattro pezzi. Incredibilmente il locale si sfolla al momento più atteso. Dopo “Harmony In My Head”, ultimo trio da paura: l' indimenticabile “Oh Shit”, la celata romanticità (solo nel titolo) di “Ever Fallen In Love” a cui fa da ottimo opposto la duscutibile cinicità di “Orgasm Addict”. Avrei preferito ascoltare urla di godimento di qualche splendida ragazza, ma mi devo accontentare di quelle del torbido Pete.

Non male per due vecchi punk di 50 anni, come Pete e Steve, riuscire ad affrontare ancora oltre 20 tracce in quasi due ore di live ( gli altri due componenti del gruppo, il batterista Danny Farrant ed il bassista Tony Barber, sono recenti). Il tempo di fare due chiacchiere con loro sulle attinenze sessuali e politiche della band mi ricorda che grazie a persone come queste che il punk ha ancora seguito oggiAggiungi un appuntamento per oggi. Sono dei dinosauri, ma la foto non me la lascio scappare!

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