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Abroad: rock dal mondo
Giffoni Rock Valley. Il report del Neapolis Festival 2012
Cominciamo dalla fine. Da quei 100 scalmanati che all'una di notte erano sotto al palco a guardare (e ballare) Is Tropical, rivelazione del Neapolis Festival 2012. Band electro rock coi suoi arrangiamenti stratificati, amanti dei synth e delle chitarre alla Justice. Vorticosamente si concludevano i due giorni centrali del Neapolis (18 e 19 luglio) che per il 2012 (e per altri 2 anni, contratti alla mano) si terrà a Giffoni Valle Piana, letteralmente "adottato" dal Giffoni Film Festival.
Napoli ha fatto "scappare" il suo unico festival rock (lo scorso anno, nonostante un grande cast con Mogwai, Battles, Underworld, Skunk Anansie non si andò oltre le 12 mila unità- in due sere però ) e non è ancora intenzionato a riprenderselo. La stessa amministrazione comunale ha dichiarato di voler sfruttare l'ippodromo di Agnano per una Woodstock partenopea e Piazza del Plebiscito per il concertone del Primo Maggio (caro sindaco ti vogliamo bene e apprezziamo tutto quello che hai fatto, dalla ZTL alla pista ciclabile, però meglio mirare a progetti di lunga durata che singoli eventi musicali), e la gente ha protestato per lo spostamento della location (magari era la stessa che lo scorso anno ha disertato l'Acciaieria Sonora per motivi ancora ignoti a noi).
Si arriva a Giffoni dopo 1 ora d'auto da Napoli, attraversando centinaia di alberi di nocciole e dribblando la folla del Film Festival (quest'anno ospiti Nicolas Cage e Jessica Alba). Il sole è ancora alto in cielo e lo stadio Troisi è mezzo vuoto: un centinaio di persone assistono al live dei colorati Azari & III, due dj e due vocalist che ricordano vagamente Hercules And Love Affair (ospiti del Neapolis 2011) ma alla lunga stancano e si fa l'ora di un kebab.
Nell'aria accenti pugliesi, calabresi e qualche straniero accorso per le band americane: i primi sono i Blonde Redhead, che tanto americani non sono: i gemelli Pace sono di origine italiana (ma nati in Canada e trasferiti poi negli USA) e la cantante Kazu Makino, eterea quanto basta, è nippoamericana. Le armonie "acide" e le complesse costruzioni musicali su album, lasciano qui spazio alle melodie sognanti che del noise rock degli esordi hanno ben poco. In tanti ricordano ancora il loro unico concerto a Napoli, luglio 2001 agli Spalti del Maschio Angioino (Lo Sguardo Di Ulisse dove sei?): era appena uscito Melody Of Certain Damaged Lemons e Kazu miagolava come poche. Undici anni dopo le tastiere sono in primo piano, (vedi l'ultimo lavoro Penny Sparkle) e la Makino è diventata la nostra geisha.
Intanto si accendono le luci sul Red Bull Tour Stage, dedicato alle band emergenti: i milanesi The Last Fight hanno troppo vigore e non riescono ad esprimere al meglio il loro crossover. Va meglio con i rodati La Via Degli Astronauti, napoletani, screamo, direttamente dalla Fallo Dischi: incazzati ma non troppo, ironici e beffardi, si prendono poco sul serio ma l'assetto live è tutto sommato buono.
"Piaci solo ai ragazzini" urla qualcuno del pubblico a Capovilla. Il Teatro degli Orrori è sul palco ed il frontman veneto è in gran forma. Snocciola uno a uno i successi di una band che, dopo l'orecchiabile singolo "Io cerco te" (eseguita magistralmente) ha già iniziato a ricevere diverse critiche dai puristi. "Il mondo nuovo" de Il Teatro è fatto di storie di diseredati, falliti, sfruttati. Invettive contro il sistema e parte "Majakowskij", che scuote il pubblico. "Compagna Teresa", le liriche russe, la letteratura, il cinema. Il ritorno di Giulio Favero al basso ha fatto bene alla dimensione live della band, di per sè già potente. "Non vedo l'ora", "La canzone di Tom" e l'emozione prende il sopravvento, tanto che Capovilla salta qualche passo.
Quasi mezzanotte, ci siamo tutti. Un 1500, il che per un festival che ha visto altri numeri è veramente poco. Ma era una scommessa ed in parte è stata vinta. Ne riparleremo.
Dopo l'indie folk degli Shak & Speares sul Red Bull (sempre coinvolgenti e briosi), un muro di Marshall ricopre il palco. La chioma bianchissima e svolazzante di J.Mascis irrompe sul palco, con Emmet Murphy alla batteria e lo storico bassista Lou Barlow (rientrato nel 2005 dopo dissidi non da poco con il padre-padrone Mascis). Una storia del rock indipendente mondiale si sta esibendo a Giffoni: per farla breve gli anni 80 e 90 non sarebbero stati gli stessi senza loro ed i Sonic Youth. Album come "Green Mind" e "Bug" hanno fatto compagnia a tanti adolescenti nelle loro stanzette, con il sound granitico ed il volume spaccatimpani. E così è stato: le orecchie ci fischiano ancora: i Dinosaur JR sono stati torrenziali con le loro melodie bluesy e le distorsioni a mille, come quando ci hanno sputato "Get Me" letteralmente in faccia. "Thumb", "The Lung", "Back To Your Heart", "Budge" ed una turbinosa versione di "Just Like Heaven" dei Cure. Paradiso artificiale.
Il 19 luglio, secondo giorno del Neapolis, l'età media si alza non poco. Si attende Patti Smith e ci sono anche distinti signori/e. Una platea eterogenea che strizza gli occhi davanti alle melodie scatenate dei Buffalo Kill sul Red Bull Stage, seguiti dai Fabyrka, Humanoalieno, Francesca Monti, Vacanza (meglio la parte strumentale che la voce) e Le Furie, sorprendente band toscana, giovanissima ma con un'energia da vendere. Una versione seria, lasciatemela passare, dei Bastard Sons Of Dioniso.
Il duo italo-svedese degli I Used To Be A Sparrow (metà è Andrea Caccese, musicista napoletano che, come lo capiamo, è partito per migliori lidi) propone un bel folk-rock con ritornelli catchy, dal loro esordio "Luke" e meriterebbe una platea più folta. Seguono i Tre Allegri Ragazzi Morti, che si riesibiscono a sole 48 ore dal concerto del lunedì precedente (gratuito, con Giardini di Mirò e Epo, una sorta di anteprima Neapolis). La prima volta li ho visti nel 2000 all'Independent Days di Bologna quando punk e velocità erano le parole d'ordine: adesso i suoni sono più rotondi, aiutati anche dall'esperienza dub dell'ultimo progetto"Primitivi del Dub". Le storie di Toffolo & co. uniscono il realismo metropolitano ai sogni di un teenager, come "Quindici anni già". L'acustica è sorprendentemente ottima, come in "Mai come voi" e "Voglio", che virano sul reggae. Tante maschere per loro.
I moscerini invadono il palco durante l'esibizione di Joan Wasser, con il suo progetto Joan As Police Woman. L'ultima ex compaga del compianto Jeff Buckley , direttamente da Brooklyn, ritorna in Campania dopo il bel concerto di qualche anno fa al Duel Beat e dimostra di essere una delle cantautrici più talentuose della sua generazione. Polistrumentista, si divide tra la chitarra ed il piano, riuscendo ad amalgamare la sua voce full of grace con arrangiamenti affascinanti.
Splendida quarantenne, si presenta con una t-shirt dei Velvet Underground, album Loaded. "The Deep Field" (Pias) è il suo ultimo acclamato lavoro uscito lo scorso anno: ci esegue con la sua band "The Magic", "The Action Man", e classici come "Eternal Flame". Peccato per la cover di Bowie "Sweet Thing", non eseguita.
E' tutto pronto per la sacerdotessa del rock, colei che ha suonato al CBGB's a New York, amica di Ramones, Springsteen, New York Dolls, moglie di Fred Sonic, poetessa e sciamana. Patti Smith si presenta sul palco del Neapolis sorridendo e ringraziando tutti, con treccine da indiana e con una band invidiabile: Lenny Kaye, Jay Dee Daugherty e Tony Shanahan. La maggior parte dei brani eseguiti provengono da Banga, il suo ultimo (bello) lavoro in studio, uscito un paio di mesi fa. Banga è il cane di Ponzio Pilato nel libro "Il maestro e margherita" di Bulgakov, ma nel corso della serata non mancheranno altre citazioni. "Just Kids", il singolo "April Fools", "This is The Girl" (dedicata ad Amy Winehouse) ed un brano storico come "Dancing Barefoot". La sua voce è rimasta immutata, possente e gentile allo stesso tempo: Patti esalta le "strange mountains" che circondano lo stadio Troisi e dichiara che "tutti possiamo essere poeti, viva i poeti". Attesissime da tutti "Because The Night" e "People Have The Power" ma il capolavoro live resta la lunga e articolata "Gloria" dei Them di Van Morrison (già coverizzata dai Doors). Patti Smith è una cannibale (come Summer's calliban, sua vecchia canzone non suonata stasera): ha divorato Jim Morrison, il punk, Pasolini, Dante, i REM, Kurt Cobain ed ora si fa divorare da noi, con la sua generosità si concede a tutti. Concerto storico e impeccabile, meglio di quello all'Arena Flegre di Napoli qualche anno fa.
Quando tutti (o quasi) sono andati via, dopo un interminabile soundcheck, salgono sul palco tre loschi giovanotti, di nero vestiti, skinny jeans e giubbotti di pelle. Cassa in 4, Is Tropical, londinesi, iniziano a darci dentro di brutto, vomitando sul centinaio di sopravvissuti i loro beat acidi e stratificati: batteria, chitarre, synth e tantissimi effetti, il trio ci propone i brani del loro esordio "Native To": tra questi il singolone "The Greeks", poi l'applaudita "Berlin" e "Lies", molto 80's. Un mix tra Justice, i Klaxons più pratici e gli Hurts per i loro giri di synth. Non c'è che dire, una "bella scoperta" del Neapolis Festival. In un club sarebbe perfetto.
Dopo tutti a casa, con un bilancio positivo per il festival: artisti di tutto rispetto, buona organizzazione e location atipica ma efficace. Resta solo da convincere quei napoletani che hanno rifiutato di parteciparvi per il cambio di location. Lo abbiamo detto tante volte, senza l'aiuto del Giffoni ciao ciao Neapolis, quindi era questa l'unica soluzione. Per i prossimi due anni il rock sarà ancora in questa valle di nocciole, perciò organizzatevi.
Luigi Ferraro
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